Il senso della frollatura della carne
La frollatura della carne non è un’idea nuova. Già nel Medioevo si lasciava frollare la carne per renderla tenera e darle sapore. Alla fine del XIX secolo, il francese Charles Tellier mise a punto celle frigorifere di sui si poteva regolare la temperatura in modo preciso. Acquistò e adattò una nave e vi installò le celle frigorifere con cui frasportò un carico di carne di manzo da Rouen a Buenos Aires in 105 giorni. La carne, conservata fra -2 e 0 C, arrivò in perfetto stato. Inziziava così la frollatura della carne di manzo…
LA SCIENZA: durante la fase di rigidità cadaverica, le cellula della carne consumano il glicogeno (uno zucchero) contenuto nei muscoli e producono acido lattico: questo modifica il pH della carne, che diventa acida. Poi alcuni enzimi, le calpaine e le catepsine, iniziano a frammentare la struttura contrattile delle fibre muscolari e avviene la proteolisi (degradazione delle proteine). Segue la lipolisi che ossida i lipidi e sviluppa il sapore. L’80% della tenerezza si produce in due settimane; poi è il momento della stagionatura, che sprigiona ancora più sapore.
FROLLARE O AFFINARE: la frollatura più comune è passiva; si lascia la carne in una cella frigorifera per alcune settimane. La stagionatura è più complicata ma sviluppa molto più sapore. Uno stagionatore bravo, come per i formaggi e per il vino, ha competenze scientifiche specifiche: gestisce la ventilazione della cella frigorifera, conosce l’igrometria necessaria in base all’evoluzione dei singoli pezzi di carne, corregge la temperatura al decimo di grado, sposta i tagli di carne gli uni vicini agli altri perchè si arricchiscano reciprocamente, regola la luce ecc…
Testo preso dall’allegato numero 347 de Il cuoco, a cura di Stefano Pepe